Luchino Visconti, Storia del Cinema Neorealista Italiano

Lettera di Visconti a Chaplin
scritta su l’Unità il 18 Dicembre 1952
“Signor Chaplin,
mi permetta di porgerle qui il benvenuto. A nome mio e dei lettori di questo giornale, a nome mio e dei milioni di operai, contadini, intellettuali democratici italiani che mi hanno pregato di dirle tutto il loro affetto, tutta la loro gratitudine per la poesia che lei ha donato agli uomini semplici del mondo, a qualunque latitudine essi vivano, a qualunque razza essi appartengano, purchè amanti, come lei, della libertà e della dignità umana…”

Luchino Visconti è la storia del cinema neorealista italiano.
Un periodo storico-sociale che vide luce anche nel campo cinematografico. Siamo nell’immediato dopoguerra, la situazione è disastrosa sia sul piano economico, industriale e finanziario, bisognava ingegnarsi per mettere in opera la propria creatività. Iniziarono così a venir fuori una serie di prodotti realizzati con pochi mezzi, poco personale ed, una grande dose di improvvisazione.
Visconti nasce a Milano nel 1906 da un’antica famiglia aristocratica. Da bambino inizia a frequentare il palco della Scala, i suoi avi sono stati soci fondatori e, dai genitori eredita la passione per la musica, il teatro e la letteratura. Facile l’ingresso, per lui, nel mondo dell’arte, iniziando ad improvvisarsi arredatore di spettacoli. Trascorre anni della sua vita in Francia, dove frequenta ambienti culturali importanti, diverse le sue conoscenze, da Coco Chanel, Gide, Bernstein e Cocteau. E’ nel 1943 che Visconti dirige il suo primo film, dal titolo “Ossessione”, tratto dal racconto di James Mallahan Cain “Il postino suona sempre due volte”.
Arriva nel 1948, il film “La Terra Trema”. Si tratta della realizzazione di un documentario sui pescatori di Aci Trezza, località vicino Catania e, liberamente ispirato ai Malavoglia di Verga. Il film è stato girato con pochissimi mezzi tecnici e senza sceneggiatura prestabilita.
Nel 1951, Visconti realizza “Bellissima”, il primo film girato con Anna Magnani.
La filmografia del Maestro è molto vasta, cito alcuni dei suoi film: “Senso, Le notti bianche, Rocco e i suoi fratelli, Il lavoro, Vaghe stelle dell’Orsa, Le streghe, Il Gattopardo, La caduta degli dei, Morte a Venezia, Gruppo di famiglia in un interno, L’innocente e Ludwig”.
Intensa è stata anche l’attività teatrale; numerosi i riconoscimenti.
Nel 1963, Visconti vince al Film Festival di Cannes, la Palma d’Oro per “Il Gattopardo”. Un film senza tempo, icona nell’immaginario collettivo della storia del cinema italiano, interpretato da Burt Lancaster, Claudia Cardinale e Alain Delon.
Ed è sulle note del Valzer Brillante di Verdi, trascritto per orchestra da Nino Rota che venne girata la celebre sequenza del ballo; girata di notte, a Palazzo Gangi a Palermo, con un escamotage di illuminazione che Luchino Visconti elaborò con il direttore della fotografia Giuseppe Rotunno, utilizzando centinaia di candele e poca illuminazione artificiale.
Il capolavoro di Visconti è da poco ritornato nelle sale, a cinquant’anni dalla Palma d’Oro vinta a Cannes; sarà accompagnato da un documentario di un quarto d’ora con alcune scene inedite, tagliate all’epoca dal regista.
L’opera di restauro è stata possibile grazie alla Cineteca di Bologna in collaborazione con The Film Foundation di Martin Scorsese.
Sono decine gli aneddoti legati alla lavorazione del film, uno tra tutti, è la scelta che Visconti pretese che i fiori visti nel film arrivassero in aereo quotidianamente da Sanremo, e che le decine e decine di comparse impiegate nella scena del ballo indossassero guanti immacolati. Ricordiamo il costumista de “Il Gattopardo”, Piero Tosi. Tosi è stato insignito dell’Oscar alla Carriera a Los Angeles, nel 2013.
Tutte queste spese aggiuntive fecero lievitare il costo di produzione del film che arrivò a tre miliardi di lire. Nonostante la critica estremamente positiva, i premi (oltre alla Palma d’oro anche tre Nastri d’argento e il David al produttore Lombardo) e il successo di pubblico clamoroso – fu il primo film in assoluto nella stagione ’62/’63 con un incasso di 774 milioni di lire – Il Gattopardo fu la causa (insieme a Sodoma e Gomorra di Pasolini) della debacle della casa di produzione Titanus.
Il rapporto tra Visconti e la Sicilia è stato un amore letterario e, proprio alla vigilia del suo esordio dietro la macchina da presa – nel celebre articolo “Tradizione ed invenzione” del ‘ 41 – Visconti aveva sottolineato la vocazione letteraria del suo cinema: «Viene naturale, per chi crede sinceramente nel cinematografo, di volgere gli occhi con nostalgia alle grandi costruzioni narrative dei classici del romanzo europeo».
La letteratura offre a Visconti un immenso materiale, ma ogni volta la pagina scritta è solo il punto di partenza per un percorso creativo personale. E la Sicilia, per il Maestro di “Terra Trema e Il Gattopardo”, è stato un patrimonio letterario naturale.
Chiunque ha avuto modo di collaborare con Visconti, lo descrive come un uomo dalla fortissima personalità, di compagnia, ma che sul set pretendeva la massima professionalità. Anche gli operatori di ripresa dialogavano tra di loro a bassa voce per non disturbare. E se gli attori non fossero stati preparati, toccava anche a loro, abbandonare la scena.
Il Maestro Visconti amava e pretendeva la preparazione, da chiunque.
Oggi Visconti è icona del grande schermo, riposa lì, nella sua Colombaia ad Ischia, tra le rupi del suo amato giardino. La Colombaia è stata per Luchino Visconti, rifugio d’anima e d’amore, divenuto un Centro Culturale, ospita dal 2004 un Museo permanente dedicato al Maestro.
Muore nel 1976, regalando un patrimonio artistico di pregiatissimo livello.
Al Maestro, la conclusione: “Il pubblico difficilmente sbaglia. Di fronte al pubblico infatti io mi sento, e così credo si debba sentire la maggior parte degli artisti coscienziosi, in una condizione di inquietudine, di incertezza e di curiosità acute. Noi sbagliamo sovente”.