“Me lo posso prendere? Allora me lo posso prendere? Me lo posso prendere!”
Così recita Totò nel film “Nuovo Cinema Paradiso”, chiedendo al povero Alfredo di poter portare via spezzoni di pellicola.
Questo è l’inizio della mia storia, iniziata sì 32 anni fa, ma poi meravigliosamente esplosa all’età di 11 anni.
Succede che per fortuna inizio a frequentare la Scuola Media Statale “Leonardo da Vinci”, di Palermo, una scuola media con un merito: aver tra le proprie fila un professore decisamente matto e geniale, il grande ed insostituibile Franco Candiloro.
La sua materia era l’artistica, ma ricordo che chiunque provasse a portare in aula il testo veniva istantaneamente stracciato dal buon professore, a lui il compito di dirigere il corso audio-visivo, e per me da sempre solleticata nel racconto, incontrare un professore così estroso, non poteva che essere l’inizio di una lunga ed affascinante storia.
Davvero incredibili i ricordi, quando ad 11 anni ti vien detto che un giorno vedrai il film “Indovina chi viene a Cena?”, senza sapere che avverrà una preparazione del tutto particolare. Avrai due possibilità nella vita: amare od odiare il cinema.
Basti dire che si stava in aula a far lezione con la telecamera accesa (un Grande Fratello della prima ora).
Adesso vi spiego cosa succedeva prima di guardare il film. Innanzitutto, si ascoltava l’audio intero per ben tre volte, poi bisognava disegnarlo, si proseguiva con la recitazione, e finalmente dopo due mesi, dove il poter di immaginazione aveva trionfato, si poteva guardare in silenzio il film.
Erano gli anni del grandissimo capolavoro di Giuseppe Tornatore, vincitore del Premio Oscar nel 1990, come migliore film straniero.
“Nuovo Cinema Paradiso”, nell’immaginario collettivo è il Cinema, la sua colonna sonora eseguita dal grandissimo Ennio Morricone echeggia nelle anime di tutti noi.
E quindi, io sono una di quelle alunne della “Leonardo da Vinci” che non ha odiato il mondo della celluloide, ma lo ha reso protagonista nella propria vita.
La produzione e la diffusione delle immagini ha caratterizzato il nostro secolo, a questo si è unito il fenomeno del personaggio-mito che fa presa sull’immaginario collettivo.
E proprio la cultura di massa della società industriale che fonda l’informazione attraverso l’immagine diventando oggetto di considerazione artistica.
La questione dell’identità nazionale si riallaccia al tema di interazione tra I vari popoli attraverso l’impatto che hanno le tecnologie telematiche.
Il cinema ne è un elemento integrante per la sua appartenenza ai mass-media, per il suo essere insieme industria culturale, nato dalla commistione d’economia e tecnologia, storia, cultura, fantasia e creatività.
Il cinema è in grado di modificare i canoni estetici, le modalità comunicative, e come sia esposto alle esigenze economiche, politiche, alle mode che pure contribuisce a segnare.
Ha dato capolavori indimenticabili, ci ha commosso, divertito, ma soprattutto resta un mezzo in grado di dominare le coordinate spazio-temporali, di identificarsi con l’inconscio di massa, testimone dell’immaginario del mondo.
E poi, la tecnica cinematografica segue l’evoluzione tecnologica; il digitale come il virtuale fanno parte di questo.
Cosa è il cinema per il mondo? Strumento di svago o, prodotto industriale della società dei consumi o, ancora strumento di autorappresentazione sociale, strumento d’espressione artistica.
Diversi i generi, ma quello che più prende la gente per la propria ricaduta sociale è la finzione narrativa, utilizzando un montaggio lineare e cronologico, quel montaggio trasparente che si ottiene grazie alla forte consequenzialità nei passaggi da un’inquadratura all’altra.
In seguito, il cinema della modernità, con l’introduzione del piano sequenza e della profondità di campo.
Il tempo, lo spazio e la trasformazione questi in sintesi i tre elementi.
E non si può, non ricordare che la prima proiezione pubblica a pagamento dei fratelli Lumière è datata 28 dicembre 1895: “La Sorties des usines Lumière”.
Da subito il cinema si afferma come mezzo destinato ad incidere profondamente nella vita dell’umanità per la forza immensa di suggestione delle immagini in movimento, in grado di attivare dinamiche di identificazione.
La Russia Sovietica, gli Stati Uniti d’America, l’Italia fascista si attivarono per sfruttare il cinema a fini propagandistici.
Lenin definì il cinema, la più importante delle arti, Mussolini l’arma più forte, il governo americano lo considerò attività d’interesse nazionale.
L’appoggio dato all’industria nascente del cinema da parte di questi governi fu enorme, ma soprattutto l’America si avviò alla costruzione di quella fabbrica dei sogni che – oggi come allora – diffonde modelli di vita, di società.
Incredibilmente Freud, nel 1907, parlava del cinema come occasione di meravigliosa sensazione di perdita del proprio io, di incanto e di immenso piacere.
Nel 1910 compaiono le prime sale di proiezione fisse – talvolta sale cinematografiche adattate – e già nel 1920 le città più importanti disponevano di una sala cinematografica.
Lo spettacolo cinematografico rappresenta la prima forma di svago industriale grazie anche al costo ridotto del biglietto; a differenza di altri mezzi di informazione non è necessario aver attuato un processo di alfabetizzazione, come per la lettura di un giornale.
Nel buio della sala cinematografica lo schermo di luce e colore ha certamente un potere magnetico per lo spettatore che avverte di avere con lui un rapporto personale ed esclusivo tanto che, come scrive Roland Barthes: “ Tutto accade come se un lungo stelo di luce delineasse I contorni di una serratura e tutti noi, attoniti, guardassimo attraverso il buco”.
Ogni filmato, ogni fotogramma è un prodotto sociale che nasce da un confronto di idee, da una cultura, da variegate forme di interazione fra individui, gruppi, classi sociali.
A prescindere dal suo contenuto, quindi, ha un valore sociale in quanto è il frutto di un’attività umana.
Le immagini cinematografiche che documentano il sociale si devono quasi esclusivamente al documentario; ma il documentario è senz’altro un elemento secondario della storia del cinema.
Nel cinema di fiction il regista può ispirarsi a problematiche sociali, ad ambienti esotici, ma il fine ultimo del suo lavoro è quello di enfatizzare l’aspetto drammatico del film e di coinvolgere lo spettatore nell’atmosfera del racconto, facendolo identificare nei protagonisti e nelle loro personali vicende.
Già nei primi anni del XX secolo la Sicilia è stata utilizzata come set naturale per produzioni cinematografiche.
Si ricordano I primi film girati in Sicilia in bianco e nero, risalgono agli anni trenta ed appartengono ad Angelo Musco ed al suo gruppo teatrale; sono considerati l’anello di congiunzione fra il teatro dialettale siciliano ed il cinema.
Si arriva presto ad un grande capolavoro, la pellicola neorealista La Terra Trema di Luchino Visconti, una libera reinterpretazione del romanzo I Malavoglia di Verga del 1947.
Sul set Visconti scritturò gli stessi pescatori di Acitrezza invece di attori professionisti.
Altro grande capolavoro sempre attuale è il Gattopardo di Luchino Visconti, tratto dalla omonima opera di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, con un cast d’eccezione: Claudia Cardinale, Alain Delon e Burt Lancaster. Costumista è Piero Tosi, candidato all’Oscar alla Carriera.
La storia racconta che in una stanza d’albergo di Palermo, Claudia Cardinale trova tra le lenzuola Luchino Visconti ed Alain Delon.
Nel tempo vennero realizzati film tratti da grandi opere, come quelle Leonardo Sciascia, Luigi Capuana, Federico De Roberto, Ercole Patti, Elio Vittorini, Vitaliano Brancati, Gesualdo Bufalino e Luigi Pirandello.
La Sicilia si presta come set naturale a cielo aperto.
Molto spesso però la Sicilia attraverso l’audiovisivo è stata stereotipizzata: la mafia ne è la triste icona.
Una serie per tutti è “La Piovra”, film del 1984. Il Commissario Corrado Cattani interpretato dal bravissimo Michele Placido è stata tra le prime fiction ad essere seguita da milioni di telespettatori.
Altro fiore all’occhiello è la serie de “Il Padrino” di Francis Ford Coppola.
Salvatore Giuliano è stato il personaggio storico siciliano a cui il cinema ha dato maggior risalto, e come non ricordare il film Salvatore Giuliano del 1963 di Francesco Rosi, girato ed ambientato dove effettivamente visse il personaggio fra Montelepre e Castelvetrano.
Altra filmografia in tema di mafia, come anche lotta alla mafia, sono i film tratti dalle storie personali di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Rosario Livatino, Placido Rizzotto e Peppino Impastato.
Ha fatto molto discutere la messa in onda della serie dedicata a Totò Reina, dal titolo “Il Capo dei Capi”, per molti poteva scattare un processo di emulazione ed esaltazione nei confronti di Totò Reina.
Tutto è, tranne che uno da imitare.
E poi, la Sicilia ha donato molti attori al cinema mondiale, come Frank Capra, Michael Cimino o, l’indimenticabile fantasma di Ghost, l’attore Vincent Schiavelli.
Altri come Franco Franchi e Ciccio Ingrassia o gli, attuali, Leo Gullotta, Luigi Maria Burruano, Tony Sperandeo, Luigi Lo Cascio, Tiziana Lodato, Beppe Fiorello, sono per una immediata rete associativa, icone dalle Sicilia cinematografica; sino ad arrivare alle pellicole dei nostri giorni di Ficarra e Picone.
Forse un pò meno è il genere femminile che è riuscito ad imporsi; il cinema in Sicilia è Maria Grazia Cucinotta, messinese d’origine e nata cinematograficamente nell’indimenticabile Il Postino del compianto Massimo Troisi.
La Cucinotta, non solo attrice e protagonista, ma anche produttrice e promotrice della Sicilia.
La Sicilia è Giuseppe Tornatore, vincitore del Premio Oscar 1990 come Miglior Film Straniero.
Ogni italiano ha visto anche un solo frame di questo incredibile capolavoro.
Oggi si parla di Film Commission, al mondo ve ne esistono migliaia, si tratta di organismi che regolati istituzionalmente e con dei fondi propri, attirano produzioni cinematografiche e televisive nei territori.
La Sicilia, è terra di turismo, al fascino che essa genera producendo nella sua incarnazione naturale cinema, comunicazione, pubblicità ed immagine, ha da sempre attirato le varie produzioni visive.
“Girerò in uno scenario vero”, disse Ingrid Bergam.
La Sciara di fuoco, la colata lavica in perenne moto, fremeva poco discosto. Lo Stromboli aveva, pochi istanti prima, dato un colpo di tosse, accompagnato da una spessa fumarola giallastra con venature rosse; eravamo lontanissimi; alla base del vulcano, e ci parve sentire odor di zolfo; la fumarola a tromba si aprì, si sfilacciò nel vento, si dissolse. Avremmo pensato a un incantesimo se la terra non avesse tremato sotto I nostri piedi.
Le case erano deserte, abbandonate: una città morta, appena morta, di recente, ieri.
“Vorremmo questa casa per girare”, diceva Rossellini.
“Non si può”, interveniva brusca una vecchietta col panno nero in capo, tutta anni e grinze; sbucata chi sa di dove: “ Vi abita mio figlio”.
“E’ deserta”, dice Rosellini.
“ Mio figlio sta in Australia e abita qui”, ripeteva la vecchina, caparbia: “ Abita qui”.
La casa vicina, anch’essa abbandonata, mostrava, dalla porta senza cardini, in una stanza in cui si accedeva per una scala di pietra, un letto di ottone senza più materasso, nè tavole.
Era abitata da un “ genero che sta in Argentina”, non affittava.
Le case non erano abitate dagli assenti, erano dei morti.
L’emigrazione porta lontano I vivi, e padroni dell’isola rimangono I morti.
Ingrid appariva, a quei racconti, a quegli incontri, a quella desolazione, a quello schianto, affascinata.
“Girerò in uno scenario vero”, diceva.
“ Girerò dal vero”! Ripetette guardando Rossellini…..”
Tutto questo è ben lontano da ciò che succede oggi, basti pensare che i luoghi dove vengono girate le produzioni sono affollate da visitatori, e le zone dove si gira aumentano la propria economia.
Nel ragusano, dove si gira già da diverse stagioni “Il Commissario Montalbano” (trattasi di una produzione italo-svedese), l’economia è aumentata del 500%.
Nessuna casa è più in vendita.
Ai tempi di “Stromboli – Terra di Dio”, si doveva far comprendere l’importanza d’aver prestato un luogo piuttosto che un altro, dove poter girare; oggi il termine location è tra I più diffusi.
Perchè fanno così presa le immagini? Perchè è il sogno in movimento che si standardizza nel tempo.
Se il regista è bravo riesci ad immedesimarti nella storia, puoi esserne il protagonista, un personaggio di contorno, puoi innamorarti della fotografia di un film, delle sue colonne sonore.
Io negli ultimi tempi, ad esempio, mi sono innamorata della fotografia di un bel film, parlo di Frida.
E’ la storia di una pittrice messicana, quei colori sono dei dipinti nella mia mente.
Ed ogni volta che voglio emozionarmi, basta che ascolti le musiche di Ennio Morricone.
Nella sua musica vedo la Sicilia.
Vedo la piazza di Castelbuono set di “Nuovo Cinema Paradiso”, dove i bambini scorazzano nella scalinata del Castello per entrare a scuola.
Oppure vedo le scene di “C’era una Volta in America”.
Questo è il potere più forte della musica, ovvero, la trasposizione diretta alle immagini.
La produzione e la diffusione delle immagini ha caratterizzato il nostro secolo, a questo si è unito il fenomeno del personaggio-mito che fa presa sull’immaginario collettivo.
Il cinema ha la capacità di catturare attenzione perchè produttore di fascino.